Enza Mucci: “Vi svelo i segreti di un buon cioccolato”

Pubblicato il 5 Mag 2014 da Simona Giacobbi

Fontana di cioccolato

È irresistibile. Mozart ne era golosissimo. I Maya lo chiamavano “kakaw uhanal”, “cibo degli dèi”. Fondente, bianco, al latte, alle nocciole, piccante. Bastano pochi grammi di cioccolato per sentirsi felici. Non è neanche il caso di discuterne: è così e basta.
Pasqua è passata. Le abbuffate e i pranzi luculliani sono finiti. E la prova costume è alle porte. Dieta e attività fisica sono tornati a farla da padrone in queste giornate primaverili. Ma c’è una cosa a cui non riusciamo – e oseremmo dire, non dobbiamo – rinunciare. Il cioccolato. Sì, perché, stanto a diverse studi scientifici, oltre a dare quello strano saziante senso di dipendenza e di felicità grazie alla serotonina, il cioccolato, oltre all’umore, fa bene al cuore, protegge la pelle dalle scottature, è calmante e aiuta a dimagrire. Sì, avete letto bene. Se fondente, con cacao superiore al 50 per cento, e mangiato in piccole quantità il cioccolato non fa male.
Insomma, il cioccolato, nella classifica dei cibi più amati di sempre, rende più bella la nostra vita. Ma come riconoscere un cioccolato di qualità? E come nasce il “cibo degli dèi”? E il segreto per una buona cioccolata? Questa e tante altre curiosità le ha svelate a Puglia Mon Amour Enza, moglie di Mario Mucci, titolare della Confetteria di Giovanni Mucci di Andria, facendoci strada tra i macchinari usati un tempo per estrarre, elaborare e produrre il cioccolato, ora in mostra nel museo della confetteria.
L’excursus storico è d’obbligo. Per le tribù dell’America precolombiana il cacao aveva un grande valore religioso ed economico. “Era una una preziosa merce nonché moneta di scambio” e l’ingrediente di bevande riservate alle classi più agiate. Ma Colombo invece ne rimase incredibilmente disgustato. Decise di portarlo comunque in Spagna. Fu il conquistador Cortez a intuire pochi anni dopo le potenzialità del cacao e a introdurre alla corte spagnola l’idea di valorizzare questa risorsa per alimentare il commercio tra Vecchio e Nuovo Mondo. Da Madrid, passando per Francia, Olanda e Rivoluzione Industriale, si arriva alla prima tavoletta di cioccolato fondente creata da Rudolph Lindt. Il cognome sicuramente non vi è nuovo.
Interessante sapere, come sottolinea Enza Mucci, che del frutto del cioccolato non si butta via nulla. “Il guscio veniva usato come legna da ardere”. I vari colori ne indicano le specie. “Un buon cioccolato si ottiene dalla miscela delle buone fave di cacao dopo un’attenta selezione”. I frutti, grossi e chiari vengono raccolti, aperti e sgranati. “Se mangiato al naturale farebbe male alla salute in quanto contiene acidi. I semi vengono poi tostati, quindi macinati, proprio come i chicchi di caffè, e ridotti in una pasta dalla quale viene estratto il burro di cacao”.
Attraverso successive lavorazioni, dosando gli ingredienti e talvolta aggiungendone qualcuno come zucchero, bacche di vaniglia, pasta di gianduia, si ottengono diversi tipi di cioccolato, con tipologie e caratteristiche particolari. “Ci fu un periodo in cui le fave di cacao non venivano più facilmente importate a causa delle guerre – ricorda Enza – e così sostituirono la fava di cacao con pasta di nocciola. Nacquero così i gianduiotti”.
La materia prima deve essere di qualità. “La dogana pone dei divieti di ingresso al frutto del cacao per paura che possa essere piantato e prodotto da qualche parte”.
Enza mostre le macchine per la lavorazione e i mulini a martelli per infrangere il cacao e ridurlo in grana.
“Una volta ridotto in grana il cacao veniva passato nel melangeur, come si fa per la pasta delle olive. Se ne ricavava una massa di cacao fondente amara al 100 per cento. La massa veniva messa sotto pressione per ricavare il burro di cacao, che usciva liquido per poi solidificarsi. La fibra legnosa del cacao veniva macinata per ottenere il cacao in polvere e quindi sgrassata quasi completamente”.
In altre parole, burro di cacao e massa di cacao sono la fava di cacao. “Sono contenuti nel frutto ma vengono separati per avere la possibilità di fare vari tipi di cioccolato”, spiega Enza.
La massa di cacao è la base per tutti i cioccolati puri. “La percentuale di un cioccolato è data da 1 kg di massa da cui togliamo 100 grammi di massa e a cui aggiungiamo 100 grammi di zucchero. In questo caso otterremo un cioccolato al 90 per cento. Se togliessimo 200 grammi di massa e mettessimo 200 g di zucchero otterremmo l’80 per cento fondente e così via. Fino al 60 per cento il cioccolato resta sempre fondente ,con 400 g di zucchero”.
Ma quando si comincia ad aggiungere il latte si supera quella percentuale e si avrà quindi il cioccolato al latte. “Nel cattivo cioccolato, nel surrogato, nella Nutella per intenderci, il burro di cacao messo in piccola percentuale viene sostituito da oli vegetali. Al posto del 50 per cento di burro di cacao, ce n’è il 10 per cento, il 40 per cento è formato da oli vegatali che sono quelli che lo rendono spalmabile e lo fanno costare poco. E quelli che fanno alzare il colesterolo”.
Il consiglio di Enza è quello di leggere sempre gli ingredienti sulle etichette. “Escludete il cioccolato che contiene grassi vegetali”.
Il segreto per una buona cioccolata calda? “Prendete il cacao amaro in polvere, mettetelo nella tazza e aggiungete lo zucchero. A parte fate bollire il latte intero e aggiungetelo poco alla volta formando la cremina. Non mettete mai il cacao nel latte”.

Giornalista professionista, laurea in lingue e letterature straniere e un master in Social Communication. Piacentina d’origine, pugliese d’adozione dal 2012, cresciuta a tortelli e gnocco fritto, impara a cucinare in Canada, a Toronto, dove ha vissuto sei anni e dove ha lavorato per il quotidiano italiano Corriere Canadese. Oltreoceano scopre una diversità culinaria etnica senza confini. Da allora la sua vita cambia. Cucina e ristoranti diventano luoghi interscambiabili di idee, progetti, tradizioni e passioni. Ama assaporare, provare, gustare. E fare foto. Conduce su Telenorba e TgNorba24 la trasmissione “I colori della nostra terra”, un programma che parla di ruralità, agroalimentare ed eccellenze enogastronomiche della Puglia. Ha collaborato con I Love Italian Food e il Cucchiaio d’Argento ed è spesso chiamata a far parte di giurie di eventi a carattere enogastronomico e di concorsi legati al mondo della pizza. Recensisce pizzerie per guide cartacee e online. Nel 2011 crea Pasta Loves Me, un blog che parla di lei, di pasta, food e lifestyle. È fondatrice e responsabile di Puglia Mon Amour, un’avventura che vive con gli occhi curiosi di turista e l’entusiasmo di un’innamorata per una terra che regala ogni giorno emozioni, genuinità e solarità. Ha la pizza napoletana nel cuore e tutto quello che rende felice il suo palato. E vive con una certezza: la pizza non le spezzerà mai il cuore.

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