Il fornaio bocconiano che porta il Panterrone dalla Puglia al Nord

Pubblicato il 1 Dic 2014 da Redazione

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Si chiama ‘Panterrone’ ed è il panettone di grano arso prodotto al Sud ed esportato al Nord. L’inventore di questo dolce originale è un giovane fornaio di San Marco in Lamis, laureato alla Bocconi.
In tasca, una laurea in Economia e Commercio alla Bocconi di Milano. Nel cuore, il desiderio di rilevare l’antico forno creato 53 anni fa da suo nonno Michele e sua zia Maria. Un sogno diventato realtà quello di Antonio Cera, 35 anni, che dopo essersi formato in una delle università più prestigiose d’Italia ha deciso di tornare al Sud e investire nel suo territorio d’origine.
A San Marco in Lamis, Antonio Cera produce pane e tutti i prodotti da forno. L’ultima sua creazione è il Panterrone, ossia il panettone della terra, realizzato, cioè, con il grano arso dell’antica varietà Senatore Cappelli.
Un prodotto unico nel suo genere, che la rivista La Cucina Italiana – il più importante riferimento per gli addetti ai lavori – ha definito l’unica creazione inedita di quest’anno nel settore dolciario.
“All’interno ho inserito i semi, che secondo mio nonno rappresentavano la speranza di ricchezza” racconta Antonio Cera.
Il Pan Terrone di grano arso viene realizzato in due versioni, con la pregiata uva di zibibbo e con i fichi. Con il classico grano tenero, invece, il dolce è impreziosito dagli agrumi del Gargano e di altre zone del Sud e dalle olive di Nardò. Quest’ultimo tipo, lo scorso anno era stato premiato dalla rivista La Cucina Italiana, che lo avevo ritenuto il migliore in tutta la nazione. Ogni giorno, dal Forno Sammarco partono centinaia di Panterroni di diverso peso diretti al Nord. Quasi un paradosso, dato che le regioni settentrionali sono quelle in cui il panettone è nato. “Si è invertito il mondo. A fare la differenza è la qualità delle materie prime. Che strana la vita, Panterroni che viaggiano verso il Nord. È come se venisse qualcuno a dirmi che un pugliese ha acquistato le olive dal Veneto… Stenterei a crederci”, conclude Cera.