Le cartellate pugliesi (di Maria Pia Miglionico, Gravina in Puglia)

Pubblicato il 12 Dic 2014 da Redazione

cartellatemariapia

Oggi la food blogger Maria Pia Miglionico (Il Piatto Allegro) ci regala la sua ricetta di un dolce tipico di Natale in Puglia, le cartellate, e racconta…

“Nel dialetto gravinese si chiamano Chjòsere e sono delle rosette di pasta frolla che si friggono e si ripassano nel vincotto di fichi. Oppure possono essere ricoperte di miele o zucchero a velo! Una delle caratteristiche di questo dolce è l’impasto che viene fatto con la verdeca, un vino bianco dal profumo particolare, che si produce proprio qui a Gravina in Puglia, forse non di facile reperibilità altrove. In alternativa potete usare un vino bianco che avete in casa, piuttosto che rinunciare a fare questo delizioso dolce. O se preferite potreste venire in vacanza qua a Gravina e acquistare la verdeca, oltre che visitare il nostro fantastico paesaggio e degustare le nostre specialità locali! (mica male come idea)

Cartellate pugliesi

Ingredienti:
250 grammi di semola di grano duro
250 grammi di farina 00
150 grammi di verdeca o vino bianco
80 grammi di zucchero
50 grammi di olio d’oliva
Vincotto q.b. o miele o zucchero a velo

In questa ricetta viene usata la semola di grano duro non rimacinata. Miscelando insieme queste due farine (semola e farina 00) otterremo un impasto che renderà le cartellate non esageratamente friabili e quindi non si romperanno quando le ripasseremo nel vincotto. Inoltre ritengo che la semola le renda più impermeabili all’olio, e quindi la frittura risulterà più asciutta.
Scaldate leggermente la verdeca o il vino bianco. Sciogliete lo zucchero nel vino. Su di una spianatoia setacciate la semola e la farina 00 e praticate un buco al centro, versate l’olio e lentamente versate il vino caldo, cominciando ad impastare. Lavorate l’impasto, fino a renderlo liscio e omogeneo. Staccatene una parte e l’altra riponetela in una ciotola coprendola per non farla seccare. Vi consiglio di munirvi di una sfogliatrice a manovella, che vi faciliterà moltissimo il lavoro. Diversamente vi aiuterà il caro amico matterello! Stendete in una sfoglia sottile la pasta e con l’ausilio di una rotella taglia pasta dentellata, ricavate delle strisce larghe circa 3 cm e lunghe 35-40 cm. La lunghezza è variabile in base alla grandezza delle cartellate. Più grandi le volete e più lunghe dovrete fare le strisce. Io vi sconsiglio di esagerare con la grandezza, perché più piccole sono più facili da consumare  e anche più belle da vedere, secondo me.
Una volta formate le strisce, con le dita formate delle conchigliette, pizzicando la pasta ogni 3 cm.
Man mano che pizzicate, arrotolate su loro stesse le strisce in modo da formare le cartellate.
Disponete le cartellate su dei vassoi di cartoncino, prima di procedere alla frittura. Friggetele subito, in modo che non si secchino eccessivamente.
Friggete le cartellate ad immersione (meglio se in olio d’oliva). Sgocciolatele su della carta assorbente.
Mettete a scaldare il vincotto in una casseruola, se il vostro vincotto fosse troppo denso diluitelo con un po’ d’acqua e ripassate le cartellate nel vincotto, due alla volta non di più, riprendendole subito con una spumeruola. Se volete provare la variante con lo zucchero a velo, spolverizzatene una parte. Oppure scaldate a bagnomaria il vasetto del miele e lasciatene cadere qualche filo sulle cartellate aiutandovi con un cucchiaio.

Le cartellate si conservano per diversi giorni, potete riporle in contenitori con coperchi e consumarle durante tutte le festività.

8 Comments so far. Feel free to join this conversation.

  1. Antonio Venneri 12/12/2014 at 19:17 -

    Buona sera, mi permetto di fare una precisazione sul vincotto. La parola vincotto fa riferimento esclusivamente ad una riduzione di mosto di uva. La riduzione derivante da altri frutti si chiama cotto di…fichi, melacotogna, ciliegia ecc. Sia il vincotto che il cotto di fichi sono dei prodotti classificati PAT dal MIPAF . Al seguente link i PAT di Puglia. http://www.scribd.com/doc/45251367/Atlante-dei-prodotti-agro-alimentari-tradizionali-pugliesi

  2. Sandro Romano 04/01/2015 at 14:57 -

    Caro Antonio Venneri, sai quanto ti stimo e ti voglio bene, e sai quanto rispettoi la tua amicizia. Ma sai anche che questo affannarti a voler precisare che vincotto è solo la riduzione di uva – ne abbiamo parlato molte volte – non lo condivido. Non lo condivido non per partito preso, ma semplicemente perchè è la storia che parla e che vede un prodotto oggi commercializzato da aziende come la tua, ma che rimane comunque di proprietà della tradizione pugliese e non solo. Commercializzatelo pure, ben venga, ma non imponete con l’aiuto dell’ignoranza di chi fa disinformazione e di chi ha stilato l’Atalante dei prodotti tipici, pieno di omissioni, imperfezioni, e refusi. L’autrice della ricetta ha solo riportato la denominazione comune e più utilizzata nel suo paese, così come avviene in tantissimi paesi della Puglia, che posso citarti uno per uno. Anche perchè la Puglia non è solo Salento. Ogni prodotto della tradizione familiare, come ben sai, può avere un nome per ogni paese e quel dare per buono ciò che scrive la Regione Puglia nel discusso e discutibilissimo Atlante dei prodotti tipici non fa un buon servizio alla cultura gastronomica della Regione. Ecco, parliamo dell’Atlante della Regione Puglia. Chi l’ha scritto? Alcuni esperti a vario titolo ma neppure uno studioso delle tradizioni e della gastronomia. Nessun docente di cucina, insomma nessuno che si occupi di gastronomia in maniera seria (basta leggere i nomi di chi ha collaborato alla stesura). E infatti manca tantissimo, è pieno di notizie incomplete, ci sono errori (vedi mandorla di Toritto Filippo Cea diventata Filippo Ceo, non per refuso ma per convinzione). Purtroppo, come sempre accade nella nostra splendida regione, chi parla e scrive di queste cose non è chi le conosce davvero. Ad esempio, nel caso della Filippo Cea, l’errore è diffusissimo su internet, il che sta a significare che gli “esperti” hanno fatto una rapida ricognizione sul web e poi hanno scritto. Molto male. La storia e le tradizioni non si studiano così, si va nelle biblioteche, si visionano documenti, si raccolgono testimonianze. Si possono anche fare ipotesi, ma va detto, non si possono far diventare storia. Questa storia del vincotto io, con tutto il rispetto per belle persone come te, non la farò mai passare, perchè bisogna aprire la mente oltre il proprio territorio. Del resto lo stesso Atlante di cui sopra prevede, nelle sue schede, altre denominazioni, com’è giusto che sia. Solo che poi non le mette, perchè non c’è stato studio della cosa. Ora, io capisco che non è cosa facile, ma se si fa si deve fare seriamente. Ti segnalo, comunque, altri prodotti presenti e male o addirittura erroneamente descritti su questo Atlante che se non avesse l’aiuto del web sarebbe già abbondantemente nel dimenticatoio. Eccoli: Pzznteel, Turcinelli, Scamorza di pecora, Barattiere, Cima di rapa, Cartellate, Cavatelli, Fusilli, Orecchiette, Lasagne arrotolate, Maccaruni, Mandorlaccio, Ostie ripiene, Pasta di grano bruciato, Pettole, Troccoli, Polpo alla pignatta, Zuppa di pesce alla gallipolitana, Ricotta forte, Lenticchia di Altamura. Non parla di mozzarella di bufala campana dop (che è risaputo da tutti ha nel disciplinare tra le zone di produzione anche alcune zone della Puglia) e dovrebbe farlo visto che mette giustamente il Caciocavallo Silano dop. Insomma, non citiamo questo Atlante dei prodotti tipici come la Bibbia della gastronomia pugliese, perchè assolutamente non lo è. E’ piuttosto una buona idea mal realizzata come sempre accade per logiche incomprensibili, diciamo che al più possiamo considerarlo un “simpatico promemoria” di una parte della nostra produzione. Quindi, in conclusione vorrei per i lettori anche far capire qual è il vero problema che spinge verso il tentativo di distinguere i due prodotti appropriandosi della tradizione. E’ questo: A norma dell’art. 5 del Decreto Ministeriale 18 luglio 2000 essendo il Vincotto inserito nell’elenco dei prodotti tradizionali agroalimentari pugliesi il nome “Vincotto” non può essere registrato.L’art. 5 recita: “Il nome di ciascun prodotto, il suo eventuale
    sinonimo o termine dialettale non può costituire oggetto di deposito o
    di richiesta di registrazione, ai sensi della vigente normativa
    comunitaria e nazionale sulla proprietà intellettuale e industriale, a
    decorrere dalla data di pubblicazione del presente decreto nella
    Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.” Ovviamente questa cosa è vista come un problema da voi produttori, ma basterebbe ragionarci sopra per risolvere la cosa. Purtroppo siete partiti male e capisco che è difficile tornare indietro. Un caro abbraccio e scusami mae, per amore di verità, di informazione corretta e di vera divulgazione, sono costretto a intervenire su queste notizie sbagliate.

  3. Sandro Romano 04/01/2015 at 14:58 -

    Caro Antonio Venneri, sai quanto ti stimo e ti voglio bene, e sai quanto rispettoi la tua amicizia. Ma sai anche che questo affannarti a voler precisare che vincotto è solo la riduzione di uva – ne abbiamo parlato molte volte – non lo condivido. Non lo condivido non per partito preso, ma semplicemente perchè è la storia che parla e che vede un prodotto oggi commercializzato da aziende come la tua, ma che rimane comunque di proprietà della tradizione pugliese e non solo. Commercializzatelo pure, ben venga, ma non imponete con l’aiuto dell’ignoranza di chi fa disinformazione e di chi ha stilato l’Atalante dei prodotti tipici, pieno di omissioni, imperfezioni, e refusi. L’autrice della ricetta ha solo riportato la denominazione comune e più utilizzata nel suo paese, così come avviene in tantissimi paesi della Puglia, che posso citarti uno per uno. Anche perchè la Puglia non è solo Salento. Ogni prodotto della tradizione familiare, come ben sai, può avere un nome per ogni paese e quel dare per buono ciò che scrive la Regione Puglia nel discusso e discutibilissimo Atlante dei prodotti tipici non fa un buon servizio alla cultura gastronomica della Regione. Ecco, parliamo dell’Atlante della Regione Puglia. Chi l’ha scritto? Alcuni esperti a vario titolo ma neppure uno studioso delle tradizioni e della gastronomia. Nessun docente di cucina, insomma nessuno che si occupi di gastronomia in maniera seria (basta leggere i nomi di chi ha collaborato alla stesura). E infatti manca tantissimo, è pieno di notizie incomplete, ci sono errori (vedi mandorla di Toritto Filippo Cea diventata Filippo Ceo, non per refuso ma per convinzione). Purtroppo, come sempre accade nella nostra splendida regione, chi parla e scrive di queste cose non è chi le conosce davvero. Ad esempio, nel caso della Filippo Cea, l’errore è diffusissimo su internet, il che sta a significare che gli “esperti” hanno fatto una rapida ricognizione sul web e poi hanno scritto. Molto male. La storia e le tradizioni non si studiano così, si va nelle biblioteche, si visionano documenti, si raccolgono testimonianze. Si possono anche fare ipotesi, ma va detto, non si possono far diventare storia. Questa storia del vincotto io, con tutto il rispetto per belle persone come te, non la farò mai passare, perchè bisogna aprire la mente oltre il proprio territorio. Del resto lo stesso Atlante di cui sopra prevede, nelle sue schede, altre denominazioni, com’è giusto che sia. Solo che poi non le mette, perchè non c’è stato studio della cosa. Ora, io capisco che non è cosa facile, ma se si fa si deve fare seriamente. Ti segnalo, comunque, altri prodotti presenti e male o addirittura erroneamente descritti su questo Atlante che se non avesse l’aiuto del web sarebbe già abbondantemente nel dimenticatoio. Eccoli: Pzznteel, Turcinelli, Scamorza di pecora, Barattiere, Cima di rapa, Cartellate, Cavatelli, Fusilli, Orecchiette, Lasagne arrotolate, Maccaruni, Mandorlaccio, Ostie ripiene, Pasta di grano bruciato, Pettole, Troccoli, Polpo alla pignatta, Zuppa di pesce alla gallipolitana, Ricotta forte, Lenticchia di Altamura. Non parla di mozzarella di bufala campana dop (che è risaputo da tutti ha nel disciplinare tra le zone di produzione anche alcune zone della Puglia) e dovrebbe farlo visto che mette giustamente il Caciocavallo Silano dop. Insomma, non citiamo questo Atlante dei prodotti tipici come la Bibbia della gastronomia pugliese, perchè assolutamente non lo è. E’ piuttosto una buona idea mal realizzata come sempre accade per logiche incomprensibili, diciamo che al più possiamo considerarlo un “simpatico promemoria” di una parte della nostra produzione. Quindi, in conclusione vorrei per i lettori anche far capire qual è il vero problema che spinge verso il tentativo di distinguere i due prodotti appropriandosi della tradizione. E’ questo: A norma dell’art. 5 del Decreto Ministeriale 18 luglio 2000 essendo il Vincotto inserito nell’elenco dei prodotti tradizionali agroalimentari pugliesi il nome “Vincotto” non può essere registrato.L’art. 5 recita: “Il nome di ciascun prodotto, il suo eventuale sinonimo o termine dialettale non può costituire oggetto di deposito o di richiesta di registrazione, ai sensi della vigente normativa comunitaria e nazionale sulla proprietà intellettuale e industriale, a decorrere dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.” Ovviamente questa cosa è vista come un problema da voi produttori, ma basterebbe ragionarci sopra per risolvere la cosa. Purtroppo siete partiti male e capisco che è difficile tornare indietro. Un caro abbraccio e scusami mae, per amore di verità, di informazione corretta e di vera divulgazione, sono costretto a intervenire su queste notizie sbagliate..

  4. Antonio Venneri 04/01/2015 at 16:48 -

    Caro Sandro, gli esperti che tu dici dove stavano quando l’atlante è stato realizzato? La regione Puglia che lo ha realizzato a me risulta che non l’abbia fatto di nascosto e sono state fatti vari aggiornamenti sempre adeguatamente pubblicizzati. Perchè gli esperti da te citati non hanno proposto revisioni e correzioni come previsto dalla normativa?

  5. Sandro Romano 04/01/2015 at 19:25 -

    Personalmente ho saputo dell’atlante dopo la sua realizzazione e non mi risulta ci siano stati aggiornamenti, tanto che la Novella di Galatina ancora Sieglinde è. E, infatti non l’ho neppure citata tra gli errori, perchè all’epoca non lo era. Poi, come ben sai, la Regione ha realizzato questa cosa e l’ha affidata, penso giustamente retrinuendoli, a 5 dottori e professori di CNR, Istituto Agronomico Mediterraneo, Dipartimento di Economia Politica e Agraria ecc., Dipartimento scienze produzioni vegetali, Dipartimento di protezione delle piante e microbiologia applicata, più tre funzionari regionali. Gastronomia nessuno. BOH!!! Vuoi fare un vero Atlante? Affidati ad un esperto in ogni settore, pagali e falli coordinare da qualcuno capace di mettere insieme tutte le notizie, datti tempo e metti su una cosa seria. Così, invece, sono stati sprecati soldi che non sono serviti a nulla se non a fare un libro non facile da reperire, ma che invece giace nei cartoni dei magazzini della Regione Puglia. Come tanti altri tipo “Chi vuol essere maialino”, un fumetto assolutamente inutile che giace negli stessi cartoni. Come vogliamo chiamare queste operazioni? Ai posteri l’ardua sentenza. In ogni caso, stiamo parlando di Vincotto e non c’è alcun dubbio che con questo nome viene identificato anche quello di fichi o di altra frutta, in moltissimi paesi della Puglia. Ogni città ha un modo di chiamarli e si arriva persino al Miele di fichi che, però, non è mica fatto dalle api. E nessuno spinge perchè a Sannicandro Garganico e paesi limitrofi venga chiamato diversamente. Quindi, e concludo, accettiamo le piccole diversità territoriali abbandonando il campanilismo spicciolo, aprendo la mente e concentrandoci sulla bellezza della nostra Puglia e anche sul suo “microfrazionamento gastronomico”. E lasciamo che il panzerotto si chiami così a Bari diventando calzone a Lecce, e che il calzone a Bari si chiami Pizza rustica da altre parti. Che i muscari si chiamino Lambasciune a Bari e Pampasciuni a Lecce, che il critmo possa chiamarsi anche critimi o finocchio di mare, che le orecchiette si possano fare con il solo coltello o con l’ausilio del cosiddetto “dito in culo”, che le le Sagne possano chiamarsi “ncannulate” ma anche “torte” e non certo “Lasagne arrotolate” come scritto sull’Atlante. Lasciamo che la nostra frittella possa chiamarsi Gnocco fritto in Emilia, che la Fainà genovese venga chiamata Cecina in Toscana, che la pancetta possa essere chiamata Rigatino, che la Tiella in Puglia sia una teglia e una preparazione nella stessa, mentre in basso Lazio sia una pizza ripiena. E per quanto riguarda il tuo Vincotto è un gran prodotto, io stesso lo uso con grande soddisfazione, ma ti prego abbandona le crociate per la divisione dei nomi tanto è una battaglia persa e contro i mulini a vento. I gravinesi, come i baresi, i fasanesi, i conversanesi, i molfettesi, i giovinazzesi e tanti, tanti altri, continueranno a chiamarlo con il nomignolo tradizionale. Giustamente.

  6. Antonio Venneri 04/01/2015 at 20:37 -

    Sandro l’atlante scaturisce dall’elenco dei PAT che è alla tredicesima revisione https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3276 . Tale elenco è stato isituito dal MIPAF https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/398 e scaturisce da una classificazione che fa riferimento ad un regolamento comunitario http://it.wikipedia.org/wiki/Prodotti_DOP,_IGP,_STG_e_IG_italiani . Quindi tutti quelli che hanno lavorato a ciò hanno sbagliato tutto. Poi ognuno a casa propria può chiamare qualsiasi prodotto come gli pare! Il 15 ci sei ?

  7. Maria Pia Miglionico 04/01/2015 at 21:26 -

    Gentile signor Venneri, mi sento chiamata in causa dal suo commento, in quanto autrice della ricetta in questione. La assicuro che nel mio paese non troverà nessun gravinese che usa un termine diverso da vincotto per chiamare anche e soprattutto quello di fichi, che è il più diffuso. Le trascrivo anche la parola nel nostro dialetto “Mjierecuotte” tratta dal dizionario di dialetto gravinese del maestro Domenico Mastromatteo (classe 1916, la stessa di mia nonna).

  8. Sandro Romano 05/01/2015 at 10:59 -

    Antonio, sai bene come vanno queste cose. Sono sicuro (ma, in verità, non ho fatto il raffronto) che si tratti di revisioni periodiche e automatiche, ma che nessuno si prende la briga di rivedere davvero la cosa. Io non ho detto che chi ha lavorato a ciò ha sbagliato. Ho detto, invece, che il panel degli esperti era sbilanciato e incompleto. E comunque il dato di fatto è che l’atlante è fatto male, sia quanto a completezza, sia quanto a precisione. Insomma un’idea interessante e ambiziosa, ma come tale aveva bisogno di un lavoro meno “frettoloso” e affidato a esperti a vario titolo anche di gastronomia e tradizioni di ogni luogo della Puglia. La vicenda della mandorla di Toritto è proprio emblematica di come abbiano svolto le ricerche. Oggi se si dovesse fare riferimento a quanto scritto sull’Atlante dovremmo chiamare la mandorla di Toritto Filippo Ceo e non Cea come sarebbe corretto, facendo rivoltare nella tomba il famoso agronomo torittese che ne ha dato il nome. Del resto tu, che fai parte di Slow Food e ce l’avevi a pochi stand dal tuo all’ultimo Salone del Gusto di Torino, come la chiameresti? Tra i presidi Slow Food è indicata come Filippo Cea, sull’Atlante viene indicata come Ceo. Possibile che nelle 14 revisioni non se ne siano accorti? Incompetenza o trascuratezza? Bè, io non so, ma non vedo una terza ipotesi. Il discorso non è che uno a casa sua può chiamarlo come gli pare, è che una cosa si è sempre chiamata in un modo, anzi spesso in tanti modi, poi qualcuno ha pensato di fare “ordine”, in alcuni casi creando queste incongruenze. Insomma, una bella idea ma realizzata male. Comunque sì, il 15 ci vediamo e – pensa – realizzerò una ricetta che impiegherà proprio la tua ottima Glassa di vincotto (di uva) insieme ad altri prodotti tipici come Fave, Cime di rapa, Gambero viola, Lampascioni, Pastinaca e Sagne ‘ncannulate. O dovevo chiamarle Lasagne arrotolate come scritto sull’Atlante? Ma forse chi ha scritto questa ricetta sull’Atlante in quel momento si trovava in Emilia e si è fatto condizionare, sòrbole ! Ti saluto con immutato affetto e stima, caro Antonio, e ci abbracciamo il 15 gennaio alla gara dei giornalisti, nella quale cercherò di utilizzare e valorizzare al meglio, nella mia ricetta, il tuo vincotto. Un caro abbraccio e a presto.