Il Grano dei Morti, una tradizione foggiana di Ognissanti

Pubblicato il 2 Nov 2019 da Simona Giacobbi

Ciccecuotte, cicci cotti.
Cicc cutt in dialetto lucerino.
Colva.
U grn cutt in dialetto foggiano.
In ogni zona ha un nome diverso.

È il “grano dei morti”, un particolarissimo dolce che si prepara nel foggiano per la commemorazione dei defunti.
Il grano 🌾 è simbolo di rinascita.
In ogni seme c’è la vita. L’auspicio di un raccolto abbondante.

La ricetta ce l’ha fatta conoscere Peppe Zullo qualche anno fa. Un tripudio di sapori della terra pugliese.

Oltre al grano (messo in ammollo durante la notte e poi fatto bollire per un’ora, una volta cotto lasciatelo raffreddare con la sua acqua, scolatelo e sciacquatelo) ho messo:
•melagrana (un portafortuna, fin dall’antichità simbolo di fertilità, abbondanza e longevità)
•frutta secca (noci ma vanno bene anche mandorle o quello che più vi piace)
•frutta candita (arancia e lime in mancanza del cedro)
•zucchero
•cannella
•scaglie di cioccolato

Per le dosi io sono andata a occhio. Per 2-3 persone 250 gr di grano sono più che sufficienti.

Una volta pronto si inonda di vincotto di fichi (non prima perché indurirebbe il grano).
A seconda della zona c’è chi aggiunge anche uva sultanina e fichi secchi spezzettati.
Sono tantissime le storie e le leggende legate al grano dei morti.
Di origini pare greco-ortodossa, il piatto probabilmente ricorda l’avvelenamento del grano dei cristiani fatto da Giuliano l’Apostata. Chi si salvò mangiò grano bollito per 40 giorni. In epoche successive, con l’aggiunta di altri ingredienti, il grano cotto veniva preparato dalle famiglie e distribuito ai bambini per la vigilia di Ognissanti. In altre zone la tradizione vuole che si apparecchi la tavola per i defunti ai quali si lasciano anche i ciceccuòtte (il grano una volta bollito assomiglia ai ceci cotti) in cambio di un aiutino per vigilare sulla semina durante il gelido inverno.
Una leggenda vuole che nel corso di una carestia che stava decimando la popolazione, il 13 dicembre, arrivò una nave piena di grano che fu distribuito alla gente. Tanta era la fame che il popolo non perse tempo a macinare il grano per preparare il pane ma lo bolliva a chicchi e, nel momento in cui era cotto, i cucinieri al grido di “cucìa!” (cotto!), richiamavano le persone vicino ai grandi pentoloni per poi distribuirlo a tutti.

Giornalista professionista, laurea in lingue e letterature straniere e un master in Social Communication. Piacentina d’origine, pugliese d’adozione dal 2012, cresciuta a tortelli e gnocco fritto, impara a cucinare in Canada, a Toronto, dove ha vissuto sei anni e dove ha lavorato per il quotidiano italiano Corriere Canadese. Oltreoceano scopre una diversità culinaria etnica senza confini. Da allora la sua vita cambia. Cucina e ristoranti diventano luoghi interscambiabili di idee, progetti, tradizioni e passioni. Ama assaporare, provare, gustare. E fare foto. Conduce su Telenorba e TgNorba24 la trasmissione “I colori della nostra terra”, un programma che parla di ruralità, agroalimentare ed eccellenze enogastronomiche della Puglia. Ha collaborato con I Love Italian Food e il Cucchiaio d’Argento ed è spesso chiamata a far parte di giurie di eventi a carattere enogastronomico e di concorsi legati al mondo della pizza. Recensisce pizzerie per guide cartacee e online. Nel 2011 crea Pasta Loves Me, un blog che parla di lei, di pasta, food e lifestyle. È fondatrice e responsabile di Puglia Mon Amour, un’avventura che vive con gli occhi curiosi di turista e l’entusiasmo di un’innamorata per una terra che regala ogni giorno emozioni, genuinità e solarità. Ha la pizza napoletana nel cuore e tutto quello che rende felice il suo palato. E vive con una certezza: la pizza non le spezzerà mai il cuore.

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